Riflessione domenicale 10 maggio 2020

C’era una volta un uomo, anzi, un superuomo, che divenendo il padrone del mondo intero e avendone preso il comando, aveva pensato di risolvere tutti i problemi in tutti gli ambiti della vita degli uomini della terra: in quello sociale, in quello politico, in quello economico; non poteva mancare neppure l’ambito religioso. Si racconta che per riunire sotto di sé le diverse confessioni cristiane (Cattolica, Ortodossa, Protestante) convocò un grande concilio ecumenico a Gerusalemme, con la volontà di risolvere la questione religiosa. Quando tutte le comunità cristiane furono radunate sotto la guida dei rispettivi pastori, apparve nella riunione il superuomo, da tutti conosciuto come amico degli uomini e degli animali, un filantropo pieno di compassione. Egli prese la parola e disse: “Cristiani di tutte le confessioni, voglio che non per senso di dovere, ma per un sentimento di amore che viene dal cuore, voi mi riconoscete per vostro vero capo, in ogni azione intrapresa per il bene dell’umanità. Cristiani, come potrei rendervi felici?

Ditemi ciò che vi sta più a cuore nel cristianesimo affinché io possa dirigere i miei sforzi in questa direzione”. Egli si arrestò e attese, ma dopo alcuni minuti nessuno aveva ancora risposto a lui, che chiedeva che cosa stesse più a cuore ai cristiani. Vedendo la generale esitazione, prese in contropiede tutti quanti proponendo egli stesso doni alle diverse confessioni cristiane. Ai cattolici restituì il prestigio del Papato; agli ortodossi assicurò che tutti i simboli della tradizione spirituale venissero custoditi in un grande museo d’archeologia cristiana perché non andassero in rovina; per i protestanti firmò un decreto con il quale dava vita all’istituto per la libera ricerca sulla Sacra Scrittura, unitamente a una grande somma disponibile per gli investimenti futuri. Tutti sembravano accontentati nei loro interessi specifici e nelle proprie passioni. Tuttavia qualcuno -pochi- rimase visibilmente scontento; a questi insoddisfatti il superuomo chiese ancora che cosa potesse fare per loro. La loro risposta si stagliò nitida come un fulmine nel cielo e dissero:”Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. E alla tua domanda che puoi tu fare per noi eccoti la nostra precisa risposta: confessa e credi che Gesù Cristo Figlio di Dio si è fatto uomo, è risuscitato e verrà di nuovo”. Il superuomo ammutolì e nel suo intimo si scatenò una tale tempesta infernale che trattenne a fatica il suo equilibrio interiore. (Cfr V. SOLOV’EV Il racconto dell’Anticristo)

Che cosa mi sta più a cuore del cristianesimo? 

È in agguato la tentazione di mettere a tacere la forza dirompente di Gesù, di non nominarlo neanche più tra cristiani, perché ci imbarazza, perché gli altri potrebbero non conoscerlo… ma forse non lo citiamo perché non lo conosciamo neanche noi. Sappiamo di lui qualche cosa, ma possiamo dire di conoscerlo e di essere legati a lui dalla fiducia? 

Egli è nostra via, verità e vita. 

Solo lui ha aperto per noi una strada (Via) che permette di arrivare al Padre (Verità) e in lui gustare la pienezza della vita (Vita).

Il Cristo ci mette in guardia da un inganno nel quale siamo dentro in pieno: vivere un cristianesimo senza Cristo, che è quanto pensare: “In fondo viviamo in un amore attivo, in una solidarietà concreta, in una benevolenza universale… che cosa desiderare di più?” Questo è il tentativo che il nemico di Cristo fa per svuotare il cristianesimo del suo nucleo fondamentale, Cristo stesso. Egli lo fa dolcemente, soddisfacendo le voglie di ciascuno: infatti per essere accolti bisogna essere piacevoli e accontentare tutti. 

Cristo non ha fatto così; lo sapeva bene: “Sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accoglierete, un altro verrà nel proprio nome e voi l’accoglierete” (Cfr Gv 5,43). 

La tentazione dalla quale Cristo ci chiede di stare lontani è quella di fare della fede una bandiera; di fare della religione un museo dove gli oggetti rimandano a un passato non più attuale; di fare del cristianesimo un’archeologia di prassi, usi e costumi da studiare come segni di un tempo ormai andato. 

Tutto questo è possibile solo se Cristo è sempre davanti ai nostri occhi vivo e risorto; se la relazione vera e sincera con lui permea le nostre giornate e dona slancio e vita alle nostre scelte. Per noi Cristo è necessario perché è il Vivente che ci dona continuamente “le ragioni vere della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace; per conoscere il nostro essere e la nostra desinazione”. (Paolo VI)

Noi siamo quei poveri che hanno continuamente bisogno di sentirsi uniti al Cristo, poiché senza di lui non possono fare nulla.

Noi cristiani siamo lieti di dire che da soli non ce la facciamo e che abbiamo bisogno di Dio, di Cristo, perché senza di lui, il Vivente, colui che ha sconfitto per sempre il male, noi ci sentiremmo in quella faticosa solitudine assordante, propria di chi vive l’essere orfano, senza radici e senza amore. 

Il Cristo (modo, contenuto e destinazione della nostra esistenza) non ci può mancare perché è l’unico che ci sa fornire certezze che non tradiscono in eterno. Per questo noi cristiani non possiamo vivere senza preghiera, senza celebrazione e senza carità. Chi, dicendo di amare qualcuno, con lui non si attarda e a lui non dedica tempo per trarne gioia e significato?

Con Cristo abbiamo Speranza; senza Cristo dis-sperazione.

A me che cosa sta più a cuore del cristianesimo?