Riflessione domenicale 17 maggio 2020

Gesù, volendo dare sintesi e compimento a tutta la legge antica, alle dieci parole e a tutte le 613 prescrizioni, fornisce una sola indicazione: l’amore a Dio, a sé stessi e al prossimo. È talmente efficace e riassuntivo tutto questo da assumere valore di comandamento per Gesù: non si tratta del 614esimo comando, ma di una novità che basta a condensare tutta la Rivelazione e a rimettere al centro l’obiettivo della vita del discepolo di Cristo.    

Perché ciascun uomo possa vivere il comandamento dell’amore c’è una sola condizione: accettare che Dio gli stia vicino; anzi, prenda dimora in lui. È a tal punto necessario che Dio sia a fianco dell’uomo per poter vivere l’amore perché l’amore di Dio non si impara da autodidatti, non è riproducibile umanamente, non esistono video tutorial che, una volta consumati, ci abilitino una volta per tutte a essere somiglianza di Gesù. Ad un tutorial non posso chiedere consigli né tantomeno domandargli di starmi vicino quando fatico; non posso ricevere il perdono da un manuale di spiritualità orientale e neppure vivere la carità cristiana senza che il vangelo mi trasformi nella preghiera. Per tutto questo necessitiamo di Dio sempre in noi: “Il Padre vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre”. 

Se la prima comunità dei discepoli ha fatto esperienza di Dio nel Gesù di Nazaret fatto carne, noi oggi facciamo esperienza di lui in maniera diversa, cioè attraverso quell’”Altro Paraclito”, lo Spirito Santo che il Padre ha donato agli uomini perché Dio potesse essere presente nell’umanità. Siamo nel tempo dello Spirito Santo che è chiamato da Gesù per noi Paraclito, cioè soccorritore, difensore, forza. Lo Spirito Santo è  la vita stessa di Dio, la sua intraprendenza d’amore che lo fa essere così come Gesù ci ha insegnato. San Paolo ci insegna che lo Spirito Santo è stato riversato nei nostri cuori e che noi ne siamo il tempio vivente. Pertanto Lo Spirito è per noi necessario per poter vivere l’amore in maniera tanto sacra da ritenerlo un comandamento. Immediato fare dell’amore la linea programmatica della nostra vita; meno istantaneo riuscire a viverlo in pienezza, specialmente quando realizziamo che l’amore, per Dio, significa non preoccuparsi troppo di se stessi e gratuitamente servire gli altri e il mondo, facendo conoscere a tutti il vangelo.  Infatti questo opera in noi lo Spirito: fa nascere in noi il desiderio di aderire con fede a Gesù e ci rende capaci di scelte tanto evangeliche da essere testimonianza per tutti. 

Gesù, appena prima della sua passione -del suo vivere appieno l’amore-, è chiaro nell’affermare che il mondo non riconosce come cosa buona e vera l’annuncio dell’amore come lui ci ha insegnato. 

Quando parla di “mondo” non intende la creazione, ma intende tutto il “sistema” umano che si chiude a Dio e che ha come unico obiettivo quello dell’accaparrare e del brillare, quello del guadagno e dell’autoconservazione. Il fatto che il “mondo” non riconoscesse come importante la sua missione non l’ha fatto desistere, tutt’altro: egli ha perseverato dando a noi la possibilità di risorgere secondo una vita in pienezza.  Come non sentirci interpellati da queste parole di Gesù? Come non sentire la carica di questa missione che avvertiamo latente in noi dal momento in cui lo Spirito Santo ci è stato regalato nel battesimo e nella confermazione? 

Lo Spirito del Padre insegna quotidianamente al nostro cuore che l’amore vero e pieno, vissuto con perseveranza nella ferialità del quotidiano, consiste nel dare la vita per.

Questo annuncio è chiaro e accessibile: non è né troppo in alto né troppo lontano da nessun uomo che abbia permesso a Dio di essergli compagno fedele nella sua vita. Come ci ritroveremo a vivere la fede dopo l’epidemia? Si saranno rafforzate le ragioni della nostra fede? Le abbiamo nutrite? Saranno sempre meno i cristiani felici di esserlo dopo questo fatto le cui ragioni non sono immediatamente rintracciabili? Non ci importa. L’unica “cura” che ci sta a cuore è ripartire con questo desiderio: portare in ogni ambiente di vita e di lavoro la letizia che lo Spirito ci infonde e ci suggerisce nella preghiera e nella celebrazione, cioè la letizia di dare la vita per, come ha fatto Gesù per tutti.

 

dM